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Europa 7
#1
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Europa 7, un caso all'italiana!

Da wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Europa_7

Europa 7 (Centro Europa 7 S.r.l.) è un'emittente televisiva italiana, con regolare concessione a trasmettere in modalità analogica terrestre, ma priva di frequenze. È al centro della vicenda riguardante l'assegnazione di frequenze nazionali



1 - La nascita
Il circuito nacque per volontà dell'imprenditore Francesco Di Stefano con cui sostituì Italia 7 tra il 1997 ed 1998. Il palinsesto consisteva di programmi della precedente emittente e altri film trasmessi a ciclo continuo. Nel 1999 Di Stefano decise di avventurarsi nel progetto di creare una televisione nazionale e dovette abbandonare sia l'emittente di cui era proprietario, la laziale Tvr Voxson, sia il circuito (quest'ultimo poi gestito dal gruppo Media 2001).[citazione necessaria]

Nel luglio 1999, Francesco Di Stefano, con 12 miliardi di lire derivanti dalla precedente attività di syndication, decise di partecipare alla gara pubblica per l' assegnazione delle frequenze televisive nazionali, prevista dalla Legge 31 luglio 1997, n. 249[1], al fine di ottenere due concessioni per Europa 7 e per 7 plus.

Il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva aveva individuato 51 bande usabili (45 della gamma UHF e 6 della gamma VHF). Ad ogni emittente dovevano essere assegnate 3 bande su cui trasmettere, a seconda della zona geografica, per un totale teorico di 17 emittenti, di cui 6 a livello locale, 3 per i canali nazionali Rai e 8 per le emittenti nazionali private. Ulteriori parti libere dello spettro usabili per la trasmissione avrebbero dovuto essere dedicate sempre alle emittenti locali [2]. La gara prevedeva, per semplificare e velocizzare le assegnazioni, che se un vincitore di concessione stesse già trasmettendo su scala nazionale, in modo compatibile con quanto deciso dalle suddivisioni delle bande, avrebbe potuto continuare ad impiegare le stesse frequenze, senza attendere il piano di adeguamento delle frequenze. In virtù del ristretto numero di frequenze assegnabili, gli articoli 1 e 2 della concessione prevedevano per i concessionari un termine massimo di 24 mesi dalla notifica della concessione per dimostrare, una volta avute le frequenze (che quindi era previsto venissero assegnate prima di questo termine) di essere in grado di usare le frequenze assegnate coprendo l'80% del territorio nazionale, compresi tutti i capoluoghi di provincia (per le assegnazioni effettuate con la precedente legge Mammì era stato ritenuto sufficiente il coprire il 60% del territorio), a cui si aggiungevano eventualmente altri 12 mesi di proroga in caso di problemi, a giudizio del Ministero.

Con Decreto Ministeriale del 28 luglio 1999 si dichiarano le vincitrici delle concessioni e Francesco Di Stefano risultò vincitore di una concessione per Europa 7 (settima in classifica); in concomitanza Rete 4, che già trasmetteva a livello nazionale, perse la concessione. La commissione ministeriale della gara negò la richiesta per 7 plus, ma Francesco Di Stefano fece ricorso al Consiglio di Stato, che ordinò al ministero di dare anche una seconda concessione.[citazione necessaria] Nel luglio 1999, Europa 7 ottiene dallo Stato Italiano la concessione per una rete nazionale, ma il Governo D’Alema non le assegna le frequenze per iniziare a trasmettere, alla stessa data Retequattro non ottiene la concessione. Dall’aprile 2000 al giugno 2001 il Governo Amato si disinteressa completamente della vicenda di Europa 7, permettendo in questo modo a Retequattro di continuare a trasmettere senza concessione.


2 - La vicenda giudiziaria [modifica]
Il 22 settembre 1999 fu registrata la concessione di Europa 7 alla Corte dei Conti e il 28 ottobre 1999 gli fu rilasciato il titolo concessorio.[3] La licenza prevedeva l'inizio delle trasmissioni entro il 31 dicembre 1999: il piano di Europa7 prevedeva 700 assunzioni, un centro di produzione a Roma di 20000 m2, composto da 8 studios e una library di programmi.

Europa 7, al contrario del servizio pubblico e di altri concessionari privati, ancora non trasmetteva su scala nazionale, doveva pertanto attendere il piano di assegnazione delle frequenze per poter iniziare le trasmissioni. Alcuni ricorsi effettuati da Rete Mia, Rete Capri e Rete A (oltre a 7 Plus) ritardarono la realizzazione del nuovo piano.[3].

Il ministero delle comunicazioni con autorizzazione ministeriale del 1999 e contravvenendo al risultato della gara pubblica, permise la prosecuzione delle trasmissioni analogiche da parte delle "reti eccedenti" (Rete 4 e Tele+ nero). In una nota del 22 dicembre 1999, il ministero si impegnava comunque con Centro Europa 7 perché in breve tempo si arrivasse "di concerto con l'Autorità, alla definizione del programma di adeguamento al piano d'assegnazione delle frequenze".[3] A seguito del ricorso al Tar da parte di Europa 7 in relazione a questa nota, con sentenza n. 9325/04 si affermò che il Ministero avrebbe dovuto assegnare subito le frequenze una volta deciso, in base all'esito della gara, di assegnare la concessione.[3]

Nel novembre 2002 alla Corte Costituzionale fu chiesto di valutare la costituzionalita dell'art. 3, comma 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249[1], che permettevano a chi ha un numero di reti superiore al 20% massimo previsto di prorogare le trasmissioni in analogico, a patto che a queste si inizino ad affiancare le trasmissioni via satellite o cavo, fino ad un termine che doveva essere deciso dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. La Corte con la sentenza 466/2002 [4], confermò, come già nel 1994 [5], che nessun privato può possedere più del 20% delle frequenze televisive e le reti eccedenti (Rete 4 e Tele+nero), dovevano cessare la trasmissione in via analogica terrestre. La Corte tuttavia ritenne non incostituzionale il comma 6 (che ammetteva le proroghe), ma incostituzionale il comma 7 (per cui il periodo della durata massima della proroga non era fissato dalla legge, ma la sua decisione era demandata all'Autorità per le Comunicazioni, che tuttavia non si era ancora espressa in merito nonostante fossero già trascorsi diversi anni sia dall'emanazione della legge sia dalla gara). La stessa Corte fissò un limite improrogabile entro il 31 dicembre 2003 per il passaggio esclusivo al satellite e/o al cavo, basandosi su una valutazione dell'AGCOM che riteneva quella data sufficiente per trasferire tutte le trasmissioni di Rete4 e Tele+nero su mezzi digitali, senza ovviamente entrare nello specifico del caso della ricorrente Europa 7 (che aveva chiesto di considerare incostituzionali entrambi i commi, in quanto "l'attuale normativa di settore", ovvero le proroghe per le reti eccedenti regolate dai due commi, "le impedirebbe di utilizzare concretamente le frequenze che le sono state assegnate nella fase di pianificazione"), che per le precedenti decisioni (il DM del luglio 1999) rimaneva comunque l'assegnataria delle frequenze che così si fossero liberate.

È da sottolineare che la Corte non era chiamata ad esprimersi sulla supposta correttezza della gara di assegnazione delle concessioni nazionali, ma solo sulla supposta incostituzionalità dei due articoli che permettevano la prosecuzione delle trasmissioni alle "reti eccedenti", infatti specifica che:

« Nel contempo, il collegio rimettente precisa che l'obiettivo della sottoposizione delle questioni all'esame della Corte è quello di impedire la continuazione in modo indefinito — attraverso "una facoltà non delimitata nel tempo" — dell'assetto giudicato incostituzionale dalla sentenza n. 420 del 1994, con conseguenze sulla disponibilità delle frequenze, sul pluralismo informativo e, quindi, sulla legittimità delle impugnate concessioni ed autorizzazioni, nonché delle relative clausole. »
(dalla sentenza 466/2002 della Corte Costituzionale)

Nel estate del 2003, il ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri presenta un disegno di legge per il riordino del sistema radiotelevisivo italiano e l'introduzione della trasmissione digitale terrestre. La legge viene approvata dal parlamento, ma l'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la rinvia alle camere. Nel messaggio di rinvio Ciampi fa esplicito riferimento sia alle problematiche relative alla pluralità dell'informazione, sia al concetto di un termine certo per il regime transitorio introdotto proprio dalla sentenza n. 466 del 20 novembre 2002 definito come della corte costituzionale, che con la legge Gasparri sarebbe stato spostato di un anno e senza indicazioni certe su come operare nel caso per quella data non si fosse raggiunta la pluralità indicata dalla Corte[6]. Così, per poter garantire a Rete 4 di continuare a trasmettere via etere (e a Rai tre (la terza rete pubblica) di poter continuare ad ospitare pubblicità di conseguenza), il 24 dicembre 2003 il governo Berlusconi vara un decreto legge (decreto legge n. 352/2003, divenuto giornalisticamente noto come "decreto salvareti")[7] 2003[8] [9], trasformato in legge nel febbraio 2004[10]. Il decreto prevede che le "reti eccedenti" possano proseguire le trasmissioni sulle frequenze da loro impiegate, sia nell'analogico che nel digitale, fino al termine di una verifica sullo sviluppo delle reti del digitale terrestre (sviluppo che, con l'aumentato numero di canali, porterebbe ad un aumento della pluralità informativa e quindi alla cancellazione del limite di due concessioni per privato). Nell'occasione relativa alla conversione del decreto in legge Berlusconi accuserà la Corte Costituzionale di aver voluto produrre una sentenza con finalità politiche, in quanto "si sa che la Consulta è composta da 10 membri dello schieramento di sinistra e 5 membri del centrodestra"[10].

La legge Gasparri viene successivamente approvata definitivamente nell'aprile 2004 (legge n. 112/2004[11]). Tra le altre cose la legge prevedeva che:

« Art. 23

(Disciplina della fase di avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale)
...
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la licenza di operatore di rete televisiva è rilasciata, su domanda, ai soggetti che esercitano legittimamente l’attività di diffusione televisiva, in virtù di titolo concessorio ovvero per il generale assentimento di cui al comma 1, qualora dimostrino di avere raggiunto una copertura non inferiore al 50 per cento della popolazione o del bacino locale.
...
9. Al fine di agevolare la conversione del sistema dalla tecnica analogica alla tecnica digitale la diffusione dei programmi radiotelevisivi prosegue con l’esercizio degli impianti legittimamente in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge. Il repertorio dei siti di cui al piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la diffusione radiotelevisiva resta utilizzabile ai fini della riallocazione degli impianti che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti in attuazione dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 15), della legge 31 luglio 1997, n. 249.


»
(legge n. 112/2004, art 23[11])

bloccando la riassegnazione delle frequenze delle concessioni analogiche, in attesa del passaggio completo al digitale terrestre con una diversa assegnazione delle frequenze.

Centro Europa 7 fece nuovamente ricorso al TAR del Lazio, chiedendo di ottenere l’assegnazione delle frequenze e richiedendo un risarcimento per il danno subìto dall'impossibilità di trasmettere. Il ricorso fu respinto il 16 settembre 2004 in quanto pur avendo vinto la gara, Europa 7 non aveva un diritto soggettivo all’assegnazione delle frequenze per trasmettere, assegnazione che spettava in ultima istanza alle autorità in base alle varie normative, che tuttavia nel frattempo erano cambiate per prolungare la possibilità alle reti eccedenti di continuare a trasmettere. Dallo stesso TAR nello stesso giorno [3] fu invece accettato il ricorso contro la nota del ministero del 22 dicembre 1999, sostenendo appunto che il Ministero doveva assegnare le frequenze una volta avuto l'esito della gara.[3]

Nel luglio 2005 il Consiglio di Stato,[3] dopo il ricorso di Centro Europa 7 contro la sentenza del TAR, chiese alla Corte di Giustizia Europea di rispondere a 10 quesiti, [12] dove fu messo in discussione il quadro legislativo e ad un risarcimento danni in favore di Europa 7 da parte dello Stato di 3 miliardi di euro per la mancata attività televisiva.

Il 30 novembre 2006 si è tenuta l'udienza alla Corte di Giustizia Europea[13]; durante l'udienza l'avvocatura dello Stato ha difeso la legge Gasparri e sostenuto le posizioni precedentemente espresse nella memoria difensiva del precedente governo.[14] [15]

Successivamente, dopo alcune interrogazioni alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dei Beni Culturali da parte di esponenti dell'Unione e dopo che lo stesso ministro Gentiloni aveva disconosciuto l'operato dell'avvocatura dello Stato, il 13 dicembre l'avvocatura ha precisato, in risposta alle dichiarazioni del ministro, di aver sostenuto in sede comunitaria che i problemi di trasmissione di Europa 7 non riguardavano la legge Gasparri, ma la precedente legge Maccanico varata nel 1997 e che anzi, secondo alcune interpretazioni dell'art 23 della legge Gasparri, che regolamenta la "fase di avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale", sarebbe permesso a Di Stefano di acquistare delle frequenze da un operatore già attivo ed iniziare a trasmettere in attesa del passaggio completo al digitale terrestre. L'avvocatura ha anche sostenuto di aver informato la Corte di giustizia europea che, in caso di approvazione del ddl Gentiloni di modifica della legge Gasparri, la società Centro Europa Sette avrebbe potuto ottenere le frequenze che le spettavano. [16] [17]

La sentenza della corte, inizialmente prevista per il maggio 2007, è stata più volte rimandata[18]; il 12 settembre dello stesso anno le conclusioni dell'avvocatura generale della Corte evidenziavano che:

« L'art. 49 CE richiede che l'assegnazione di un numero limitato di concessioni per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale a favore di operatori privati si svolga in conformità a procedure di selezione trasparenti e non discriminatorie e che, inoltre, sia data piena attuazione al loro esito.
I giudici nazionali devono esaminare attentamente le ragioni addotte da uno Stato membro per ritardare l'assegnazione di frequenze ad un operatore che così ha ottenuto diritti di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e, se necessario, ordinare rimedi appropriati per garantire che tali diritti non rimangano illusori »
(Causa C-380/05, conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro [19])

Il 31 gennaio 2008 la Corte ha emesso la sentenza su tale ricorso:

« L’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), nonché l’art. 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. »
(Causa C-380/05, sentenza della Corte Europea[19])

L'ultima udienza al Consiglio di Stato ha avuto luogo martedì 6 maggio 2008. Il 31 maggio 2008 il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da Europa 7 contro il Ministero delle Comunicazioni e R.T.I. (Mediaset) in cui si chiedeva la sospensione dell'autorizzazione a trasmettere per Rete4, poiché «tardivo». Inoltre, è stato dichiarato inammissibile il ricorso di Europa 7 che chiedeva l'assegnazione delle frequenze, in quanto il Consiglio di Stato non può sostituirsi all'esecutivo. In questo senso, la Suprema magistratura amministrativa ha respinto anche un ricorso di Mediaset che chiedeva l'annullamento della sentenza del TAR del Lazio del 2004 (che chiedeva che ad Europa 7 venissero assegnate le frequenze), chiedendo quindi al Ministero dello Sviluppo Economico di pronunciarsi nuovamente sulla richiesta di frequenze di Europa 7, richiedendo, in particolare, una nuova «risposta motivata» dal Governo, formulata in base alla sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea del 31 gennaio. Per questo motivo, Rete 4 potrà continuare a trasmettere fino a quando non avverrà l'assegnazione delle frequenze.[20]

Tuttavia molti punti restano aperti: il 16 dicembre 2008 il Collegio si riserverà di decidere in via definitiva sul ricorso con cui Europa 7 chiede il risarcimento del danno, valutato intorno ai 2,169 miliardi se le frequenze dovessero essere attribuite, 3,5 miliardi nel caso opposto. Entro tale data[20]:

Europa 7 dovrà:
descrivere la propria attività dal 1999 a oggi;
chiarire perché non ha partecipato alla gara indetta nel 2007 per l'assegnazione delle frequenze;
il ministero dovrà:
dare una risposta alla sentenza del 31 maggio;
dichiarare quali frequenze sono state rese disponibili dopo la gara del 1999 e come sono state assegnate;
chiarire la situazione di Europa 7, la cui concessione mai goduta, secondo l'esecutivo, è scaduta nel 2005 (su questo aspetto, è in atto un contenzioso legale in primo grado);
l'Autorità garante per le comunicazioni dovrà spiegare perché il piano frequenze non è stato adottato, come previsto dalla concessione vinta da Europa 7.

3 - Oggi
Attualmente, la Europa 7 è in una fase di stallo. Il network si è via via ridimensionato ed oggi conta sei emittenti che coprono sette regioni. Dal gennaio 2006 non sono più trasmesse serie animate. Da maggio 2007 viene trasmessa in fascia preserale e in seconda serata la nuova edizione del varietà Seven Show.

La vicenda è seguita da alcune persone: il giornalista di La Repubblica Giovanni Valentini, l'associazione Articolo 21 (in testa il portavoce Giuseppe Giulietti), Dario Fo e Franca Rame, Marco Travaglio, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e l'Italia dei Valori, Tana De Zulueta, l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Piero Ricca del gruppo Qui Milano Libera. Anche la stampa europea ha dato attenzione a questa vicenda, per esempio il giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, nell'estate 2003. Il ministro Gentiloni, che pure conosce la vicenda, ha riconosciuto il problema irrisolto[21].

Il 1 agosto 2007, le commissioni della Camera hanno approvato un emendamento, il 2340, firmato da esponenti del centro-sinistra, che riconosce a Europa 7 i diritti di prelazione sulle frequenze eventualmente liberate dal trasferimento sul digitale di una rete Rai e Retequattro.

https://it.wikipedia.org/wiki/Europa_7

Inviato il :26/8/2008 19:01


Re: Europa 7
#2
Studente
Studente


Europa 7?
Il solito caso all'italiana, non c'è la certezza del diritto a trasmettere!
Si ottiene la concessione nazionale e poi non si assegnano le frequenze.....

Inviato il :26/8/2008 19:08


Re: Europa 7
#3
maestro
maestro


il 18 dicembre si porra finalmente il capitolo fine a questa vicenda, anche se ce il rischio che i giudici diano ragione a mediaset, e diano la completa concessione a mediaset, e quindi europa 7 morira

Inviato il :26/8/2008 19:29


Re: Europa 7
#4
maestro
maestro


cosa molto probabile!!!!

Inviato il :26/8/2008 19:34


Re: Europa 7
#5
maestro
maestro


su internet ho trovato diverso materiale su europa 7 a partire da you tube
https://it.youtube.com/watch?v=_XiCi3sqxjE

poi, dopo che l'anno scorso ce stata l'ennesima sentenza che ha dato ragione a europa 7 e stat fatta un intervista a di stefano. eccola qua: qui si parla pure di un probabile acquisto dell'Unita (quindi prima che arrivasse soru alla guida del giornale)


Aveva sempre detto che sarebbe andato fino in fondo e ha mantenuto la parola. Il signor Nessuno ha vinto la battaglia per la sua tv-fantasma. Francesco Di Stefano, 54 anni, imprenditore, abruzzese di Avezzano, ha impiegato dieci anni per far valere davanti alla Corte di Giustizia europea i diritti di "Europa 7", l'emittente che nel '99 s'aggiudicò una concessione nazionale televisiva e da allora aspetta le frequenze per poter trasmettere. Un caso inedito, unico al mondo, una storia inverosimile arrivata ormai all'epilogo.

Che cosa farà, adesso, signor Di Stefano?
"Aspetto di essere risarcito dallo Stato per i danni che ho subito e poi di avere finalmente le frequenze per cominciare a trasmettere".

Quanto ha chiesto esattamente a titolo di risarcimento?
"Avevo chiesto 800 milioni di euro fino al 2004, quando presentai il ricorso, se avessi ottenuto le frequenze che mi spettano. In caso contrario, tre miliardi di euro".

Ma se fosse costretto a scegliere, soldi o frequenze, che cosa sceglierebbe?
"Non scelgo. Ho diritto ad avere sia il risarcimento sia le frequenze".

E la sua tv sarebbe pronta a trasmettere?
"Siamo pronti dal '99. Abbiamo gli studi più grandi d'Italia, anzi d'Europa: tremila metri quadrati, nel vecchio stabilimento della Voxson, alle porte di Roma nella Tiburtina Valley. È lì che la Rai viene a realizzare trasmissioni come "La bella e la bestia", "Notti sul ghiaccio" e adesso "Uomo e galantuomo". Poi abbiamo programmi, regia, tecnologie...".


Quanta gente lavora per "Europa 7"?
"Al momento, in attesa di ottenere le frequenze, abbiamo 35 dipendenti fissi e molti free-lance e part-time".

E quanto ha speso, in questi anni, per tenere in piedi la struttura?
"All'incirca 100-120 milioni di euro, dieci milioni in media all'anno".

Scusi l'invadenza, ma dove li ha presi?
"Innanzitutto dall'affitto degli studi. E poi, dai proventi di altre attività, imprenditoriali e finanziarie".

Ora dove dovrebbe recuperare lo Stato queste frequenze, a chi dovrebbe toglierle? A Retequattro, per mandarla sul satellite o sul digitale terrestre?
"Non mi interessa dove le deve prendere né a chi le deve togliere. In base a quello che hanno stabilito lo stesso ministero e la stessa Autorità sulle comunicazioni, so che alcune reti utilizzano frequenze eccedenti, cioè in esubero. E tra queste, c'è anche Retequattro che non ha neppure una concessione, ma un'autorizzazione transitoria".

Posso chiederle se in questi anni ha mai avuto contatti con Silvio Berlusconi o con Mediaset?
"Mai. Fino a oggi siamo stati sempre considerati come appestati".

Di chi è la colpa di tutto ciò, secondo lei?
"È un festival di colpe! Vede, in questo momento provo una grande gioia. Ma l'amarezza è ancora più grande. La colpa è di tutte le istituzioni, di tutti i governi, di tutti i ministri che si sono succeduti in questi anni. Sono tutti ugualmente colpevoli di questa ingiustizia".

Anche l'ultimo governo di centrosinistra?
"Certo. E infatti, i politici di centrosinistra tacciono. Dopo aver dichiarato guerra in campagna elettorale alla legge Gasparri, hanno mandato gli avvocati dello Stato a difenderla in Europa. Oggi il loro silenzio equivale a un'ammissione di colpa".

Lei si sente più deluso o tradito dal centrosinistra?
"Tradito. Ma, più che me, il centrosinistra ha tradito soprattutto il popolo italiano. Bastava un decreto-legge per mantenere gli impegni. Sono passati quasi due anni e non hanno concluso niente".

Con questa sentenza europea, siamo arrivati alla fine del duopolio televisivo in Italia?
"Me lo auguro vivamente".

E lei, con una sola rete, pensa di poter competere con due colossi come Rai e Mediaset?
"Sì. Penso che si possa. Fra Rai e Mediaset non c'è una vera concorrenza. E perciò credo che esista uno spazio per fare una televisione diversa".

Che tipo di tv?
"Una tv libera. Non c'è e non c'è mai stata in Italia. Una tv distante e distinta dai partiti. Vicina ai cittadini e ai loro interessi reali".

Ma qual è precisamente il modello che ha in testa?
"Quello già contenuto nel progetto con cui abbiamo ottenuto la concessione, con il massimo punteggio per la programmazione di qualità. Un modello imperniato sull'informazione e sull'approfondimento".

Dovrà prevedere nel palinsesto anche un po' di intrattenimento...
"È ovvio: a cominciare dalla satira. Il nostro "Seven Show" ha sfornato decine di nuovi comici di successo ed è stato copiato da tutti. Ma non faremo reality, tipo "Il Grande fratello" o "L'isola dei famosi"".

Per lei, che cosa significa "tv di qualità"?
"Una tv che si occupa dei problemi sociali. Una tv che non manipola o nasconde le notizie. Capace di dare a voce a tutti quelli che hanno qualcosa di nuovo e interessante da dire. Anche agli sconosciuti, come me".

Politicamente, oggi lei come si colloca?
"Non mi colloco. Non mi riconosco né nella destra né nella sinistra. Voglio avere a che fare solo con gente seria".

Si dice che ora potrebbe acquistare "l'Unità". È vero?
"Mi piacerebbe. Ma non dipende da me. È l'attuale proprietà che deve decidere se vendere, a chi e a quali condizioni. Noi siamo disponibili. Confermo il mio interesse".

Inviato il :26/8/2008 23:28